Logo CournajaSTORIA Famiglia Cornaglia

Dalla passione per la terra al cosolidamento di uno stile di vita: "ll racconto di nonno Alfonso".

La mia passione per la terra affonda le sue radici nella vita libera e un po’ selvaggia della mia infanzia quando, ignaro di altri stili di vita, vagavo nella proprietà di mio padre, in cerca di nidi sugli alberi o nelle siepi. Volevo scovare i piccoli, prenderli in mano, accarezzarli e cercare di allevarli, finendo quasi sempre in un fallimento.
Ultimamente mi sono pentito di questo comportamento, ma allora il desiderio era forte. E ancora quando portavo al pascolo la mia cara “Cita”, una mucca placida, che ogni anno ci regalava un vitellino e tanto latte... con un amico andavamo nei campi di stoppie o lungo i bordi verdeggianti di strade, che ignoravano le automobili, e mentre le nostre mucche si rimpinzavano, noi facevamo tanti giochi.

Più grande, ho scoperto il fascino della natura che ogni anno, dopo il riposo invernale, fa rinascere la vita e ci dona generosa i suoi frutti. Essere attore ed avere la possibilità di intervenire in questo ciclo vitale, per me è stato appassionante.

All’inizio degli anni sessanta, essendo allora molto piccola la proprietà di mio padre, fui costretto a cercare un lavoro retribuito. Iniziai a lavorare alla Cinzano, storica azienda vinicola di Santa Vittoria d’Alba. Dopo alcuni mesi di lavoro generico, mi proposero di lavorare nel laboratorio analisi dell’azienda, perché avevano bisogno di un ragazzo tuttofare. Perché proprio io? Il mio grande merito era di avere la licenza di scuola media, a quei tempi rara, non essendo obbligatoria. Comunque sia, questo nuovo lavoro mi mise in contatto con gli enologi dell’azienda e in lunghi anni di esperienza, imparai a conoscere i vini e il mondo dell’enologia: la degustazione, le tecniche di lavorazione e le analisi necessarie.

Mi è sempre piaciuto leggere e sono un autodidatta. Leggere mi ha aperto la mente, mi ha creato tante passioni e curiosità e l’amore per le cose belle. Ad esempio colleziono minerali e custodisco le conchiglie fossili che zappando trovavo nella vigna.

Dopo l’avvento di trattori e cingolati, mantengo in bella mostra gli attrezzi del lavoro di un tempo. Così è stato anche per le viti. Mio padre nel vigneto aveva un guazzabuglio di tanti tipi di vite per fare un solo vino da pasto, l’uvaggio. Ora le colture sono specializzate in Nebbiolo, Dolcetto, Barbera, Arneis, ecc. ma ho sempre mantenuto un legame con i vitigni della mia infanzia (Balau, Tocai, Curnaietta, Ciaria, Grec, Barbarossa) e quindi ho deciso di tenere alcuni esemplari come ricordo.

Per lo stesso motivo non potevo abbandonare quei ripidi versanti, i Sorì, così difficili da coltivare.
Nei Sorì avevano faticato i miei vecchi ottenendo però ottimi risultati; con opportune modifiche di terrazzamento li abbiamo conservati.

Nutro un grande amore per le tradizioni e per il mio passato. Lo stesso amore l’ho sempre avuto per il pilone votivo, costruito da mio nonno in punta alla ventilata collina, verso il 1918.

Quel luogo solitario protetto da un grande pino, l’immagine della Madonna con il Figlio e la vista che spazia lontano, donano un senso di riposo e di pace.

Dopo tanti anni il pilone aveva bisogno di restauri, ed ora, con alcuni miglioramenti, mi perdoni il nonno, è pronto per vegliare sulla nostra famiglia altri cento anni.

 

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